Lawrence Schimel: “Metonimia”

 

 

Poesia tradotta e letta da Sara Lanzini (Università degli Studi di Trento)

Metonimia

 

 

Non ricordo più le parole giuste,

pur sapendo da che libro vengono.

Frugo per tutta la casa ma

non riesco a trovarle. E di colpo ricordo

che quando le nostre vite si sono divise,

i nostri libri, ho lasciato che li portassi via tu. Non c’è

nessun vuoto nella libreria,

altri libri hanno occupato il loro posto.

Altri uomini hanno occupato il tuo posto

nel mio letto. Eppure, l’assenza di quel libro

che abbiamo condiviso un tempo, che abbiamo

letto io e te quell’estate in cui ci siamo conosciuti,

apre di nuovo un vuoto dentro di me

ancora oggi, dopo tanti anni.

 

(Desayuno en la cama, Egales, Barcelona 2008)

 

 

 

Metonimia 

 

 

Ya no me acuerdo de la cita exacta,

aunque sé de qué libro viene.

 

Rebusco por toda la casa pero

no lo encuentro. Y de repente me acuerdo

 

de que cuando dividimos nuestras vidas,

nuestros libros, dejé que te lo llevases. No hay

 

ningún hueco en la estantería,

otros libros han ocupado su lugar.

 

Otros hombres han ocupado tu lugar

en mi cama. Pero la ausencia de ese libro

 

que compartíamos alguna vez, que leímos

los dos ese verano que nos conocimos,

 

abre de nuevo un vacío dentro de mí,

incluso ahora que han pasado los años.

 

Poema leído por el autor

 

 

Javier Pérez Barricarte: “Casa”

 

 

 

 

Poesia tradotta e letta da Helen Mori (Università degli Studi di Trento)

Casa

 

Là dove non c’è spazio per gli dèi

non c’è spazio nemmeno per noi.

 

Ci indicarono

la contingenza e il terrore,

l’utilità di accompagnarsi

nell’oscurità,

l’immortalità che nulla può

contro l’oblio.

 

Una cartolina che dica

non sono mai stato qui,

qualcun altro l’ha vissuto per me,

per ora prevalgo.

 

Di questo si tratta,

di ripetere l’aneddoto sentito

durante un viaggio che non s’è fermato a contemplare

quanto alti sono i sogni.

Più alta è la notte.

 

Rare volte ci incrociamo

sulle scale piane

delle astrazioni

e raggiungiamo posti

che non sappiamo abitare.

 

E poi ci addormentiamo

mentre la vita ci scopre

zeppi di esempi.

Qui la fontana,

lì il fiume,

là il mare.

 

(Quizá nos baste la tierra, Pre-Textos, Valencia 2017)

 

 

Hogar

 

Donde no caben los dioses

tampoco hemos entrado nosotros.

 

Nos señalaron

la contingencia y el terror,

la conveniencia de acompañarse

en lo oscuro,

la inmortalidad que nada puede

contra el olvido.

 

Una postal que diga

nunca estuve aquí, lo viví por otro,

de momento he prevalecido.

 

De eso se trata,

de repetir la gracia oída

en un viaje que no se detuvo a contemplar

qué altos son los sueños.

Más alta es la noche.

 

Rara vez nos cruzamos

en las escaleras planas

de las abstracciones

y llegamos a lugares

que no sabemos habitar.

 

Entonces nos quedamos

dormidos y la vida nos descubre,

plagados de ejemplos.

Aquí la fuente,

allí el río,

allá el mar.

 

Poema leído por el autor

Fotografía: Instituto de Estudios Naturales

María Pilar Pastor: “Volo di carta”

 

 

 

Poesia tradotta e letta da Ester Zamboni (Università degli Studi di Trento)

 

Volo di carta

 

Con un ripetuto frullare

d’ali sul corpo

scaricano gli uccelli

la pioggia che le tarpa

dopo il temporale.

 

Suona la frenesia dello stormire

come i fogli di un libro

che, mossi dal vento,

volano da una pagina all’altra

producendo il secco e crepitante

cascare di un canto.

 

Un volo di carta nell’uragano sono

e il mio canto nella tua tempesta.

 

 

Ave de papel

 

Con un repetido batir

de alas sobre el cuerpo

se desprenden las aves

de la lluvia que les lastras

tras el temporal.

 

Suena el frenesí de su aleteo

como las hojas de un libro

que, movida por el viento,

vuelan de una página a otras

produciendo los secos y crujientes

racimos de un canto.

 

Un ave de papel en un huracán soy.

Y canto mi voz en tu tormenta.

 

Poema leído por la autora

 

 

 

 

 

 

Armando López Castro: “Resistire”

 

 

 

 

Poesia tradotta e letta da Alberto Martinelli (Università degli Studi di Trento)

 

Resistere

 

Non c’è libertà senza la parola,

senza preservarne il senso originale.

Perché scrivere è resistere, lasciare la ferita

aperta, smettere di essere per essere parlato

e starsene come il riccio nel suo segreto.

 

Togliti di mezzo, non intrometterti,

rimani stagliato nella distanza,

senza fare un passo falso, e accogli

un’assenza nell’ascolto, lasciando

che passino le parole non tue

come se celassi il fuoco rubato

o l’acqua rimasta nel deserto.

 

Guardiano del limine, del titubare,

del dubbio, le parole che ricevi,

che fonicamente si attraggono o respingono,

macchiate dalla vita o dalla morte.

Siamo di passaggio, come in discussione,

e se la poesia è un patto con l’impossibile,

un dire contro ogni evidenza,

bisogna entrare nell’abisso del silenzio

per non continuare a dipendere dalla realtà.

 

Prima il nulla, poi l’universo,

e in questo scambio di esperienze,

al poeta non resta che lasciarle scorrere,

recuperare nel ricordo certi momenti,

punti luminosi di un’altra vita più alta.

 

 

Resistir

 

Ninguna libertad se da sin la palabra,

sin mantener intacto su sentido original.

Porque escribir es resistir, dejar la herida

abierta, dejar de ser para ser hablado

y quedar como el erizo en su secreto.

 

Quítate de en medio, no interrumpas,

permanece erguido en la distancia,

sin dar un paso en falso, y recibe

una ausencia en la escucha, dejando

pasar las palabras que no te pertenecen,

como si guardaras el robo de la antorcha

o el agua disponible en el desierto.

 

Guardián de la frontera, del titubeo,

de la duda, las palabras que heredas,

que fónicamente se atraen o se rechazan,

están manchadas por la vida y por la muerte.

Somos transitorios, como un entredicho,

y si el poema es un trato con lo imposible,

un decir contra toda evidencia,

hay que entrar en el abismo del silencio

para no seguir dependiendo de la realidad.

 

Antes la nada, después el universo,

y en este intercambio de experiencias,

al poeta sólo le queda dejarlas fluir,

recuperar en el recuerdo ciertos momentos,

puntos luminosos de otra vida más alta.

 

(Bajo la corteza, Círculo rojo, Almería 2017)

Leído por Antonio Martínez Arboleda

Fotografía de Carlos Vicente Rubio (iLeón)

Rafael-José Díaz: “Non è il vento che parla”

 

 

 

Poesia tradotta da Maddalena Frigerio (Università degli Studi di Trento) e letta da Francesca De Presa

 

Non è il vento che parla

 

E dopo esser morto svuotarono

la casa in cui vissi. Dove

steso, si contorceva, il mio corpo,

e subito, cadavere, ripugnante

materia che nessun’uomo in vita

seppe mai amare.

 

Si accumulano ora i secchi per pulire

il suolo dove caddi,

il grasso accumulato

degli anni inutili, il vomito,

le feci, lo sperma che su pelle

alcuna si versò, e il marciume

che già ero dal ventre di mia madre.

 

Si affacciano i parenti

con i loro sguardi acidi

a finestre che sempre

ho tenuto chiuse.

Nulla valgono i mobili, però

li han già ritirati per usarli

nelle loro vecchie topaie.

Durò poco il loro pianto, poco

duran le lacrime forzate.

 

Non resistetti. Lottai

con il volume del mio corpo,

smettevo di mangiare per dei giorni.

Lottai contro i tratti

deformi che ereditai dalla mia deforme

famiglia. Compensai con passione,

con sorrisi difficili, illusi,

con forza, con vita,

la morte, l’indifferenza

che sempre mi circondarono.

Stavo quasi per compiere trent’anni.

 

Solo rimane, ma non saprei dove,

l’amore dato a qualcuno che non poté amarmi.

 

(Un sudario, Valencia, Pre-Textos 2015)

 

 

No es el viento quien habla

 

Y después de morir desmantelaron

la casa en que vivía. Donde estuvo

tendido, retorciéndose, mi cuerpo,

y enseguida cadáver, asquerosa

materia a la que nadie, en vida,

pudo nunca amar,

 

se acumulan ahora los cubos con que limpian

el suelo en que caí,

la grasa acumulada

de los años inútiles, los vómitos,

las heces, el esperma que en piel

alguna se vertió, la podredumbre

que fui ya desde el vientre de mi madre.

 

Se asoman mis parientes,

con sus miradas ácidas,

a ventanas que siempre

mantenía cerradas.

Nada valen los muebles, pero ellos

ya los han retirado para usarlos

en sus sucias covachas.

Duró poco su llanto, porque poco

duran las lágrimas forzadas.

 

No pude resistir. Luché

con el volumen de mi cuerpo,

dejaba de comer durante días.

Luché contra los rasgos

deformes que heredé de mi deforme

familia. Compensé con pasión,

con sonrisas difíciles, ilusas,

con ánimo, con vida,

la muerte, el desamor

que siempre me rondaron.

He estado a punto de cumplir los treinta.

 

Lo único que queda, pero ya no sé dónde,

es el amor que di a quien no pudo amarme.

 

Poema leído por el autor

Foto de Amherrenberge CC BY SA 4.0 (Wikipedia)

Rafael-José Díaz: “La notte”

 

 

 

 

Poesia tradotta e letta da Benedetta Rebonato (Università degli Studi di Trento)

 

La notte

A Daniel Duque

 

 

Non credo si stia

così male sotto la terra:

 

ci sarà un soave silenzio intenso

come quello di oggi,

 

di questa notte

di sassi sommersi;

 

non avremo più nessun obbligo

di alzarci presto

 

per lavorare e, al contrario,

quando pioverà, la terra,

 

mescolata con l’acqua,

sarà un dolce caffè

 

per i resti della bocca

che non soffrirà più i dolori del cancro;

 

saremo una parte

della materia che andrà, in chissà quale millennio,

 

a riunirsi con quella stella

che ricoprì di vita la nostra carne,

 

e quella stella, a sua volta,

più avanti,

 

farà parte di un’altra

stella maggiore che la riassorbirà;

 

così viaggeremo

per l’universo

 

come potrei farlo già questa notte

in un sogno grato, se riuscissi

 

a dormire dopo queste parole

che solo hanno scosso

 

brevemente il notturno

silenzio.

 

(Un sudario, Pre-Textos, Valencia 2015)

 

 

 

La noche

 

Para Daniel Duque

 

No creo que se esté

tan mal bajo la tierra:

 

habrá un suave silencio concentrado

parecido al de hoy,

 

al de esta noche

de piedras sumergidas;

 

no tendremos ninguna obligación

de levantarnos pronto

 

a trabajar y, en cambio,

cuando llueva, la tierra,

 

mezclada con el agua,

será un dulce café

 

para los restos de la boca

que ya no sufrirá los dolores del cáncer;

 

seremos una parte

de materia que irá, en algún milenio,

 

a reencontrarse con el astro

que revistió de vida nuestra carne,

 

y ese astro, a su vez,

más adelante,

 

pasará a formar parte de algún otro

astro mayor que lo reabsorba;

 

viajaremos

así por todo el universo

 

como podría hacerlo ya esta noche

en algún sueño grato, si lograra

 

dormir después de estas palabras

que sólo han perturbado

 

brevemente el nocturno

silencio.

 

Poema leído por el autor